L'evangelismo nel senso più ampio  
     
 

La mia famiglia ha una storia di partecipazione all'evangelismo. Negli anni '20 del secolo scorso a Cardiff, i protestanti – compreso 'the Plymouth Brethren' – erano conosciuti per l'evangelismo, non solo nella chiesa ma anche per la strada con il loro 'Open Air Meetings'. È un po' difficile da tradurre. Ogni 'Open Air Meeting', spesso all'angolo dov'era un 'Pub', era semplicemente per predicare il Vangelo ai peccatori. Era una combinazione della lettura della Bibbia, degli inni mirati e dei sermoni brevi in cui l'ascoltatore veniva avvertito d'una eternità d'inferno nell'assenza del pentimento – e tutto senza l'amplificazione. I miei zii avevano voci molto forti. Più tardi, mio padre, nonostante una voce meno forte, ha preso il suo torno all'esterno di Smethwick Gospel Hall. E allo stesso tempo, come ragazzo, distribuivo gli opuscoli, che erano una parte integrante dell'avvenimento. La mia chiesa era imperniata sulla necessità di comunicare la parola di dio – l'evangelismo – per fare una differenza alle vite degli altri. Sfortunatamente, la nostra concezione del bene degli altri era basata esclusivamente sull'autorità della bibbia e non il mondo reale. È una storia che serva da ammonimento per me.

Abbiamo 650 deputati nella Camera dei Comuni di cui 290 sono dell'opposizione e dunque hanno un ruolo molto limitato nella vita politica. È difficilissimo fare una differenza senza l'accesso al potere e è il governo che ha il potere. Ci sono forse 150 deputati che hanno un ruolo nel governo, ma ce ne sono pochissimi che esercitano il potere vero. Anche i membri del gabinetto non sono tutti uguali in questo rispetto. L'altro giorno ho ascoltato una discussione tra qualche ex deputato che non sono mai divenuti ministri. Hanno parlato del loro sentimento d'inutilità. Volevano cambiare il mondo, ma sapevano che, in realtà, erano li solo per votare come il governo - come qualche collega - aveva deciso.

E quando si pensa chi tra tutti i politici hanno fatto una vera differenza – per il bene - non ce ne sono molti. Lloyd George, un liberale, ha gettato le fondamenta dell'assistenza pubblica in 1910 con il suo 'People's Budget' contro la resistenza molto forte dei ricchi. Winston Churchill è stato strumentale per vincere la seconda guerra e l'economista William Beveridge e il laburista Aneurin Bevan sono responsabili per la creazione del nostro servizio sanitario nazionale. Margaret Thatcher ha ridotto il potere smodato dei sindacati. Tony Blair ha fatto una differenza in Kosovo e una differenza non voluto in Iraq. Ovviamente Gordon Brown ha abolito 'Tory boom and bust'. Dave ha deciso d'intervenire in Libia – sembra per il bene.

Ma i successi notevoli sono rarissimi e c'è il coinvolgimento quasi sempre d'un grande elemento di fortuna – d'essere nel luogo giusto al momento giusto. Non è neanche possibile essere sicuro di essere riuscito a cambiare le cose per il bene fino a molti anni più tardi, perché la vita è troppo complessa da predire. Non siamo un paese che ha bisogno di cambiare in modo così fondamentale come la Libia, ma ogni paese ha degli aspetti che non sono soddisfacenti o che non sono più soddisfacenti. Come individuo che fare? Cercare di diventare ministro o primo ministro e la persona che la storia giudicherà d'essere un successo? O decidere di non puntare su qualcosa con una probabilità vicino a zero. Che vuol dire che per la stragrande maggioranza di noi 'fare una differenza' è limitato alle cose con un impatto più locale o più limitato in tempo, sia come parte d'una organizzazione oppure no, sia per e-mail al tuo deputato o al ministro giusto, l'aiuto finanziario alla tua organizzazione preferita, sia tramite un blog o fra amici.

Ma, secondo me, fare una differenza esige la consapevolezza d'un principio importante. Di fondo, come essere umani, abbiamo un senso della giustizia. Mi sembra che, per la maggior parte, sia questo desiderio per la giustizia che provoca l'esigenza di un cambiamento - per esempio nella legge per non punire qualcuno per omosessualità, o per creare il servizio sanitario nazionale per tutti. Ma in ogni caso era necessario in primo luogo vedere le cose più chiaramente, guardare i fatti, il mondo reale - che l'omosessualità non era una scelta perversa, ma una condizione normale per una minoranza; che la stragrande maggioranza dei poveri non erano poveri per scelta o per un fallimento ad assumersi la responsabilità di se stessi.

E non sono convinto che siano i politici che osano dare le spiegazioni necessarie. Hanno paura di fare adirare l'elettorato e dunque credo che normalmente siano solo reattivi a quello che credono essere l'umore del paese. Certo, in principio, nessuno ha il diritto d'influenzare il governo più d'un altro in una società democratica. Crediamo che non sia giusto dunque d'influenzare il governo finanziariamente. Ma fortunatamente è una parte del nostro sistema che, per qualcuno con la motivazione necessaria, è accettabile per cercare d'influenzare il governo. Che la maggioranza soffra di apatia non è una barriera al cambiamento. Sta a ciascuno di noi decidere se vuol essere un oggetto curioso - un evangelizzatore secolare - ma dovremmo tutti fare molto attenzione ai fatti prima d'arrivare a un'opinione e, sopratutto, prima di cercare di persuadere gli altri che abbiamo ragione. Di questo ne ho imparato la necessità.

 
 

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